con Dario Criserà, regia Cristiano Falaschi

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Col Fato sul collo

Col Fato sul collo

Diciamoci la verità, se Ulisse è una simpatica canaglia, di Enea non si può dire altrettanto. Certo l’Eneide è una storia ricca di avventura e di battaglie ma Enea, come uomo, rischia di risultare un po’ “noioso”. Per non rischiare di scrivere uno spettacolo “noioso” abbiamo pensato di tagliare la testa al toro e di eliminare Enea dall’Eneide.
Eh però così non è che rimanesse molto da dire… allora perché non far raccontare l’Eneide a qualcun altro? Nasce così una divertente riscrittura dell’opera di Virgilio, dove la narrazione viene portata avanti dalle soggettive dei personaggi che accompagnano Enea nel suo lungo e inevitabile viaggio da Troia fino al Lazio.


LA RECENSIONE
“Col fato sul collo” è la seconda incursione nell’epica classica, del duo Criserà-Falaschi, dopo il confronto con l’Odissea. La moltitudine di storie aggrovigliate e concentriche che andranno a formare lo spettacolo, rende palpabile lo sfaccettarsi dei personaggi francamente necessario (nessuno si offenda) nell’approccio al poema virgiliano. Si tratta di una scelta narrativa ben precisa: dallo spettacolo basato sull’Odissea a questo salta agli occhi che là c’era un protagonista, Ulisse, che dominava lo spettacolo e gli eventi, qui Enea non ha la struttura né il physique du rôle per reggere da solo la scena e allora ecco le tante storie: non c’è più un solo narratore, ma tanti, non un solo protagonista ma molti personaggi, l’unità narrante e agente del precedente lavoro, Uno, non trovando un corrispettivo protagonista che possa sostenere il peso della trama, Nessuno, si frantuma nelle molte identità di pirandelliana memoria, Centomila, diluendosi nei rivoli che costituiranno i personaggi. Tale scelta narrativa implica però una prova attoriale all’insegna del trasformismo: Dario Criserà passa da una regina di origini pugliesi che conosce a memoria Albanese a un Enea perennemente affannato e confuso, da un Eolo capriccioso (già un’icona e un marchio di fabbrica dopo due soli spettacoli) a una Giunone desiderosa di vendetta. Quello che viene perso in assenza del centro propulsore e aggregante che Ulisse era per “Non è obbligatorio essere eroi”, si acquista in varietà di personaggi, ritmo e soprattutto immedesimazione del pubblico: difficile immedesimarsi in un eroe anche se obbligato come Ulisse, mentre l’uomo qualunque Enea desta forse più simpatia e gli autori hanno ben materializzato questo aspetto nel monologo finale, una chiosa senza retorica che unisce un’ottima recitazione a una scrittura sorprendentemente matura. Lasciate quindi ogni speranza o voi che entrate, di trovare da queste parti il classico teatro didattico o il vetusto teatro per le scuole, questo è teatro tout court e tanto basta.

Gian Maria Ghetti Dirigente I.C. Castel San Pietro Terme